fbpx

Génie la matta di Inès Cagnati: una storia di miseria ed amore filiale

Il rapporto madre-figlia è da sempre uno dei più tormentati, molto spesso viene raffigurato come una sorta di lotta identitaria per la supremazia, in cui una delle due deve deporre le armi e tendere lo scettro all’altra. Senza dubbio, non si tratta di una relazione semplice, molto spesso anche il contesto culturale in cui si vive può fortemente alterare questo atavico rapporto perpetratore di vita. Mi commuove sempre come situazioni così lontane dal nostro vissuto possano comunque convergere ad un unicum emotivo indissolubile e condivisibile, ossia la continua ricerca dell’amore “dell’altra” da parte di una delle due.

Inès Cagnati (1937-2007) è una scrittrice francese di origini venete che emigrò in Francia ed è rimasta col tempo sempre lontana dall’élite letteraria portandola in una zona d’ombra e di nicchia, merita perciò di essere riscoperta per per la scrittura pura ed cruda.

Difficilmente una prosa cosi minimale, pulita e sobria mi ha attratto sin dalle prime pagine, in letteratura sono un’estimatrice dell’opulenza , delle lunghe descrizioni, del linguaggio forbito , ma questa opera ha la leggerezza e la profondità che solo haiku giapponesi posseggono, proprio per questo ogni parola è pensata, centellinata con cura .

Nella sua semplicità Inès Cagnati parla dell’amore profondo, lacerante e dolente di una figlia, Marie (nata i circostanze terribili) e sua madre Génie, ci mostra senza filtri e con molto realismo una società rurale che poco transige la diversità e che si appella a delle regole non scritte, leggi di una tribù feroce che annienta la non conformità. Eugénie che tutti chiamano Génie la matta è una di quelle donne dalle sembianze e fattezze primordiali, che tanto mi ricordano le mie nonne, una donna per cui la fatica non è mai troppa, gli stenti sono all’ordine del giorno, ed il lavoro sia esso nei campi o a casa, non è mai abbastanza per sopperire alle basilari necessità di sopravvivenza. Con lei vive Marie, sua figlia che ha il costante terrore dell’abbandono, la madre le ripete spesso di “non starle tra i piedi” e Marie pur di non turbarla si allontana, attende un suo gesto affettuoso che spesso si palesa la notte quando la stringe a sé per il troppo freddo, quello è il suo unico contatto fisico con la madre.

Génie che a 17 anni subisce una violenza sembra essere più disprezzata del fautore di tale scempio, e viene ripudiata dall’ insensibile madre e dal resto della famiglia, poiché colpevole di non essere riuscita a proteggere la sua “dote”. In un contesto sociale crudele e totalmente maschilista in cui il maschio stupratore ha solo fatto ciò che è destinato a fare ( biologicamente ), la povera Génie conduce una vita di stenti, ma nel suo vuoto interiore e nella sua anaffettività, l’amore per sua figlia si palesa nel metterla al centro di ogni priorità, come sostenere la sua vocazione allo studio o regalare , non con poco sacrificio la tanto amaca vacca. Purtroppo anche la vita di Marie non lesinerà in sofferenze ed atroci dolori , tuttavia persino nella disperazione l’unica cosa che cercherà è l’amore e la compassione di sua madre. Quest’ultima che fa del silenzio il suo super potere, al mero fine di sopravvivere, rinchiudendosi nella sua bolla di solitudine e mutismo, viene vista della società come una folle da rinchiudere , del resto come dice la Cagnati in un’intervista a Laurence Paton:

Il matto è colui che ci rassicura su noi stessi”, “l’altro è matto perché noi siamo normali, e affinché noi possiamo esserlo. Ne è il garante”.

A questo punto se pensate che una vita così dura possa avere un lieto fine, vi sbagliate. Tuttavia Génie conoscerà il suo minuscolo momento di felicità, ma sappiate che sono esistite ed esistono ancora, dimensioni brutali, piene di Génie senza nome, in cui la trivialità e la malvagità umana non hanno limiti e molto spesso alle Génie di turno, non è concesso assaporare neppure un’istante di gioia poiché ritenute non degne.

La Cagnati, con estrema maestria da un volto a queste donne, donne fatte di sacrificio e miseria, cadute nell’oblio, ma che attraverso la sua narrazione riprendono vita e sembianze, ottenendo così l’attenzione e la luce di cui sono state sempre deficitarie, donne di cui si può percepire la fatica e la stanchezza, donne che hanno tenuto sulle spalle interi popoli e generazioni.

A tutte loro Inès Cagnati rende omaggio.

Photo Credit Immagine di copertina: Il Manifesto

Always Share The Beauty

Anastasia Galvani

You may also like

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *