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“Sto pensando di finirla qui”, il capolavoro di Ian Reid, il nuovo Stephen King

“Un pensiero può essere più reale , più vero, di un’azione. Puoi dire qualunque cosa, ma non puoi fingere un pensiero.”

Erano le 3.30 di un tipico, gelido sabato sera pandemico, quando ho terminato il “trip visivo” della trasposizione cinematografica di “Sto penando di finirla qui”. Inutile dire che ne sono rimasta affascinata, per tutto il tempo uno strano senso d’ansia, timore e paura mi hanno tormentata. “Paura di cosa ?” Mi domandavo. Di nulla, poiché non v’è traccia d’immagini raccapriccianti o colpi di scena, tuttavia un morboso senso d’ ansia, angoscia e battiti accelerati, mi hanno accompagnata per tutta la visione del film.

Successivamente, scoprendo di trovarmi al cospetto del remake di un romanzo, non ho potuto far altro che cimentarmi nella lettura, sperando che il testo fosse all’altezza della pellicola.

Photo Credit: Wired

Sto Pensando di Finirla Qui è il romanzo d’esordio dello scrittore canadese Ian Reid, edito da Rizzoli , è poi diventato un film targato Netflix.

La sua lettura potrebbe essere paragonabile ad un allucinazione prolungata: il tutto comincia in una macchina, una coppia di fidanzati si appresta ad un lungo viaggio che li porterà a conoscere i genitori di lui per la prima volta. La ragazza è palpabilmente agitata e forse, inconsciamente trasmette tutto ciò anche al lettore, rimanendo così in linea con le percezioni riscontrate nella pellicola.

Photo credit: LaScimmiaPensa.com

“A mio modo di vedere, gran parte di quello che sappiamo degli altri non viene da ciò che loro ci dicono. Viene da ciò che noi osserviamo. In fondo la gente può raccontare quello che le pare.”

Ogni pagina ne richiede una successiva, fino a quando ci si accorge di essere arrivati quasi a metà libro completamente allucinati dalla purezza evocativa della sua narrativa, fatta d’immagini e riflessioni filosofiche. Il ritmo aumenta sempre di più, tanto da sembrare una spirale, un vortice, da cui non si vuole uscire. Rifletto sul titolo del libro:  “Sto pensando di finirla qui” e a quel sottotitolo in piccolo, che all’inizio non ho notato: Avrai paura senza sapere perché. Ed è esattamente ciò che si prova; quel sentore di marcio e di stonato non mi abbandonano per tutta la lettura. La struttura narrativa così ben definita e consapevole, la rende vicinissima alla genialità del grande Stephen King. Si ha dunque una percezione di psycho- thriller ma senza alcuna testimonianza effettiva.

“L’invecchiamento è una di quelle cose che non vengono capite dalla nostra cultura. Vale la pena perdere quello che perdiamo a livello estetico, visto quello che guadagniamo. È uno scambio equo.”

La scrittura di Ian Reid è onirica, a tratti ipnotica, ci conduce tra le sue pagine attraverso una tecnica di scrittura sincopata, fatta di frasi semplici e per questo universali, dalla cadenza spasmodica e palesemente vicina a quella di Stephen King in Shining. Tuttavia s’intravede anche l’eco dei “grandi”, quali : Poe, Lovercraft. Siamo di fronte ad un grande architetto delle parole, in grado di rapire inverosimilmente il lettore.
Or dunque buona lettura.

Photo Credit: Il Fatto Quotidiano

Photo Credit Immagine di Copertina : Anonima Cinefili

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Anastasia Galvani

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