fbpx

“Se muore il becchino”: la generazione del compromesso

“ Certo che sono la Morte, ma questo non significa che non mi piacciono le cose belle della vita.

Ma perché io ti vedo? Non voglio vederti!

Andiamo, Lupo, sai benissimo che io sono dappertutto, mica solo al cimitero o in ospedale. La maggior parte delle persone mi vede, ma tutti fanno finta che io non ci sia. Non esiste essere più discriminato e sgraziato di me. “     

Lupo,

mio caro Lupo, quanto vorrei darti una pacca sulla spalla e dirti quanto ti capisco.

Ti consiglierei di non abbatterti, di non sentire il fardello generazionale che ti porti sulle spalle perché non è nostra la colpa, anche se abbiamo l’umiliante compito di sostenerlo.

Ti direi di non mollare, di trovare il lato positivo perché è così che la nostra generazione sopravvive: di compromessi (posto fisso comunale = rinuncia alla carriera da geologo) .

Però Lupo ammetto che con le tue (dis)avventure forse mi sono sentita vicina più a te di qualche consanguineo. 

Tanti i comuni denominatori che ci avvicinano: una passione, la speranza di poterla un giorno mettere in pratica in una qualche occupazione dignitosa, trovare escamotage musicali come anti-depressivi in giornate tetre e tristi, l’ironia, perché a noi le vittime non ci piace proprio farle e combattiamo l’infausto destino destino così: con una risata ( a volte amara) .

Care lettrici/lettori,  non vi svelerò di certo il destino del nostro coraggioso lavoratore ma posso assicurarvi che arriverete a scoprilo poche ore dopo aver iniziato la lettura di questo libro tanto verace sarà il vostro interesse. Il racconto ha una vena volutamente noir e molteplici citazioni letterarie, cinematografiche e persino musicali. Anna D’Alberto è riuscita con successo a parlare di temi “pensati” e piuttosto seri attraverso la leggerezza dell’umorismo, senza coinvolgere ormai noiosi pietismi sociali. Davvero arguto e sagace il gioco linguistico di dotare i vari personaggi di nomi di animali, come se al tempo stesso si definissero le loro personalità attraverso l’animale prescelto.

Infine brindo al becchino ed al brandello di vita ordinaria illuminato dalla D’Alberto nella sua inesorabile tragicomicità.  Perché infondo siamo tutti un pò LUPO. 

You may also like

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *